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Lavorare per obiettivi: un argomento che è diventato, negli anni, sempre più importante per le aziende. I team che lavorano per obiettivi evolvono più rapidamente nel processo di team building, sono più efficienti, più coordinati. Lavorare per obiettivi, infatti, porta a condividere un piano di lavoro in cui emergano chiari ruoli e responsabilità alla base.

Non c’è abbastanza tempo per fare tutto il niente che vogliamo fare. (Bill Watterson)

 

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Lavorare per obiettivi vs lavorare per emergenza

Un uomo camminava in un bosco quando, all’improvviso, incontrò un taglialegna intento a tagliare il tronco di un albero.

Il taglialegna era stanco e affaticato.

Lavorava da cinque ore ed aveva fretta di concludere il lavoro.

L’uomo, avvicinatosi, gli fece notare però un dettaglio.

La lama non tagliava bene.

Sarebbe stato quindi opportuno, prima di continuare, fermarsi un attimo per affilarla.

A quel punto il boscaiolo rispose stizzito:

“Non vede che ho fretta? Devo finire al più presto. Non ho tempo di affilare la lama.”

Ti stai ricordando di fermarti e affilare la lama delle tue asce per realizzare i tuoi obiettivi o ti stai limitando a correre ininterrottamente nella frenesia del “ho troppo da fare”?

Leggi anche “Lavora meno, lavora meglio”

Lavorare per obiettivi: il diagramma di Drucker

La maggior parte dello stress che la gente ha non deriva dall’aver troppe cose da fare. Viene dal non aver finito quello che hanno iniziato.

A differenza di quanto la maggior parte delle persone pensa, il problema non è avere l’agenda piena di cose da fare, ma il non saperle organizzare adeguatamente, gestendo le priorità.

Per questo motivo utilizzare solo una to-do list, ovvero una lista di cose da fare, per organizzare le tue attività è quanto di peggio puoi fare.

A volte, anche sistemi come la famosa Matrice di Eisenhower che ti aiuta a distinguere tra cose importanti e urgenti, importanti non urgenti, non importanti ma urgenti e non importanti e non urgenti, non sono sufficienti perché costituiscono ancora una visione bidimensionale delle tue attività.

Ad esempio, proprio riferendoci alla Matrice di Eisenhower: con che criterio scegli le cose da fare? Certo, prima le importanti e urgenti ma l’urgenza da chi è determinata? Se – come troppo spesso accade – è determinata dall’esterno e non dall’allineamento con i tuoi obiettivi, finisci per rincorrere le esigenze altrui.

Come ricordiamo nel post Lean thinking e Legge di Pareto, il principio di Pareto afferma che l’80 % dei risultati prefissati può essere raggiunto con il 20 % dell’investimento di tempo totale.

Un modo utile per aiutarci ad identificare le priorità è il diagramma di Peter Drucker che identifica quattro diversi quadranti:

  1. Il primo quadrante è quello del confusionario… quando fai cose sbagliate e pure male. Nessuno di noi vorrebbe mai pensare di essere una persona di questo genere eppure si tratta di una condizione che capita molto di frequente a tutti, in quei periodi in cui la quantità di cose da fare è così alta che non hai il tempo di fermarti a capire cosa è realmente indispensabile e sei ad un livello di stress e stanchezza tali che non riesci a fare nemmeno bene ciò che devi fare.
  2. Il secondo quadrante è estremamente pericoloso: è quello in cui ti posizioni quando fai molto bene le cose sbagliate. Dove l’essere sbagliate è in funzione di quali sono gli obiettivi che vuoi raggiungere, sostanzialmente tutte le cose che fai ma che non ti portano nessun valore aggiunto né a livello personale né a livello aziendale.
  3. Il terzo quadrante è frustrante ed è il limbo in cui finiamo ogni qualvolta non siamo abbastanza convinti dei nostri obiettivi o ci troviamo a fare cose che non vorremmo fare: in questi casi facciamo anche le cose “giuste” ma le facciamo male o perché siamo sempre di corsa o perché resistiamo al farle
  4. Il quarto quadrante è quello ottimale dell’efficacia, quando riesci a fare bene le cose giuste.

Lavorare per obiettivi: stai seguendo le cose giuste o sbagliate?

Da tutto quanto emerso fin qui risulta chiaro che non è sufficiente lavorare per obiettivi. Se questi obiettivi non sono allineati ai tuoi valori, a ciò che desideri fare; se non sono compatibili con i tuoi tempi reali (e non quelli da superman che hai in testa); se non sono funzionali al raggiungimento di un buon equilibrio complessivo nella tua vita… per forza di cose finirai prima o poi per cadere fuori dal quadrante ottimale dell’efficace.

Se ad esempio sono un commerciale che vuole fatturare di più ma per farlo inizo a lavorare 12 ore al giorno spendendo tantissimi soldi di trasferte, pranzi e cene con clienti probabilmente è vero che raggiungerò dei risultati ma in realtà abbasso la marginalità del mio lavoro e vado anche a scapito delle mie energie. Questo non vuol dire essere produttivi. Essere produttivi è innalzare la performance mantenendo stabili o addirittura riducendo le risorse a cui attingo.

Due domande che è utile porsi – anche più volte al giorno – per riconoscere la vera produttività dal semplice mantenersi in movimento sono le seguenti:

  • Sono produttivo o sono soltanto attivo?
  • Sono realmente impegnato in cose importanti o sto forse facendo cose solo per evitare quelle importanti?

Concentrarsi sui risultati – a patto di aver ben chiari gli obiettivi che vogliamo raggiungere, con la certezza che questi obiettivi siano realmente i “Nostri” obiettivi, allineati ai nostri valori e mete personali – è l’unico modo per non rischiare di ritrovarti a fine giornata con un pugno di mosche in mano e a fine vita con un mare di rimpianti.

In  tutto questo, un percorso di riorganizzazione aziendale secondo il Lean Thinking diventa un alleato prezioso: ti permette di scovare sprechi e disorganizzazioni che consumano tempo e risorse, abbassando il rendimento potenziale della tua azienda.

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