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Conosci la Metodologia SMED? Sta per Single Minute Exchange of Die, espressione che tradotta in italiano significa “cambio stampo in un solo digit”.

È una strategia nata tra gli anni ’50 e gli anni ’60, da un’intuizione di Shigeo Shingo, ai vertici della Toyota: per cambiare assetto produttivo nello stesso impianto, ci volevano diverse ore, a causa di tempi di set-up elevatissimi.

Tutti i tempi di setup, oggi come allora sono una delle cause principali di attività a nullo valore. Grazie allo SMED Toyota riuscì a ridurre fortemente i tempi impiegati per effettuare un’operazione di set-up con un singolo digit ossia un lasso di tempo inferiore a dieci minuti. Lo SMED, nato nell’industria dell’auto, è poi diventato applicabile in tutti i settori industriali.

 

La nascita della metodologia SMED

Spesso gli episodi della storia portano in sé insegnamenti davvero preziosi. È il caso dell’episodio a cui si attribuisce la nascita dello SMED.

Era il 1950 e in uno stabilimento giapponese della Toyota si chiese all’ingegnere Shigeo Shingo di risolvere un problema di produzione legato ad un collo di bottiglia che si creava continuamente in prossimità di tre grandi presse.

Il direttore di stabilimento, frustrato, si era ormai rassegnato a comprare una nuova pressa per poter rimanere al passo con le richieste del mercato in crescita.
(Situazione piuttosto tipica in azienda tutt’ora, vero?)

Siccome le tre presse non riuscivano ad assicurare l’aumento di produzione richiesto dal mercato l’unica soluzione possibile sembrava quella di acquistare una nuova pressa.

Ma Shigeo Shingō la pensava diversamente.

Era convinto che il collo di bottiglia non fosse dovuto ad un’insufficienza di risorse quanto piuttosto alla cattiva gestione delle macchine.

Shingo era convinto che fosse inutile acquistare una nuova pressa quando magari si poteva garantire un aumento di produttività sfruttando meglio le macchine a disposizione.

Con molte resistenze (visto che si era “sempre fatto così”…) Shigeo Shingō alla fine venne accontentato: si fermò la produzione per una settimana, durante la quale l’ingegnere analizzò ogni singolo movimento e attività che ruotava attorno alle 3 presse.

Risultato?

Shigeo Shingō scoprì che tutte e tre le macchine erano utilizzate al di sotto della loro capacità produttiva e che con dei piccoli accorgimenti organizzativi si poteva migliorare nettamente la loro efficienza.

L’analisi effettuata dall’ingegnere giapponese si basava sui criteri tanto semplici quanto potenti della Lean Production: per prima cosa individuò tutte le attività di setup quindi trovò modo di identificare le operazioni che andavano per forza eseguite a macchina ferma da quelle che invece, ripensando la procedura operativa, potevano essere effettuate con la macchina in movimento.

In questo modo Shingo riuscì a ridurre ben del 50% che le attività svolte a macchina ferma, aumentando la capacità produttiva del reparto senza acquistare una nuova macchina.

 

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Qual è l’obiettivo della metodologia SMED?

Da quanto abbiamo visto fin qui l’obiettivo principale della metodologia SMED è quello di ridurre gli sprechi, ottimizzare efficacia ed efficienza produttiva attraverso una riorganizzazione delle procedure operative che riguardano attività su macchine e impianti che necessitano di tempi di set up per adattarsi alle diverse esigenze produttive.

Siamo in un’epoca in cui, sempre di più, si va verso la personalizzazione del prodotto, la produzione in piccoli lotti – per assicurare elevata personalizzazione o per adattarsi in modo più flessibile alle mutabili richieste di mercato, limitando il capitale immagazzinato in magazzino.

Un errore – tanto fatale quanto frequente – è quello di pensare che, per adeguarsi alle esigenze del mercato sia necessario avere macchinari più potenti, impianti con più automazioni, strumentazioni più avanzate.

Per quanto tutto questo – quando frutto di un’attenta valutazione, non semplice da fare – possa in alcuni casi essere un reale valore aggiunto, lo SMED è la prova che non per forza devi avere impianti più grossi o più macchinari per ottenere risultati migliori.

Quindi è fondamentale fare molta attenzione per evitare di aumentare inutilmente la complessità in azienda senza un corrispondente aumento di produttività.

In  tutto questo, insomma, come hai ormai compreso, un percorso di riorganizzazione aziendale secondo il Lean Thinking diventa un alleato prezioso: ti permette di scovare sprechi, conflitti e disorganizzazioni che consumano tempo e risorse, abbassando il rendimento potenziale della tua azienda.

 

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Le 4 fasi operative della metodologia SMED

La strategia SMED, pur essendo nata nell’industria dell’auto, è oggi applicata con successo in tutti i settori industriali.

Si possono identificare 4 fasi operative dello SMED:

FASE N°1: Analisi critica dell’attuale processo di set-up ovvero dei tempi e metodi di attrezzaggio, andando alla ricerca delle attività che potrebbero essere fatte mentre la macchina lavora. Le attività a macchina ferma si definiscono IED (Inside Exchange of Die), le attività che si possono effettuare mentre la macchina lavora si definiscono OED (Outside Exchange of Die).

FASE N°2: La seconda fase è quella in cui si cerca di trasformare il più possibile di attività IED (a macchina ferma) in OED (attività a macchina che lavora). Sembra scontato ma non lo è affatto. Attraverso questa prima operazione di conversione di attività IED in OED si ottiene tipicamente una prima importante riduzione del tempo di set-up che va dal 30% al 50%.

FASE N°3: Una volta individuate le attività IED che potrebbero diventare OED bisogna operativamente studiare le modifiche necessarie al processo, trovando soluzioni operative o gestionali diverse, trovando ad esempio soluzioni per preparare in anticipo le attrezzature o la ridefinizione delle procedure di lavoro oppure la revisione del layout dell’aree di lavoro, ecc.

FASE N°4: È la fase finale in cui si uniscono le informazioni trovate e si lavora per ottimizzare sequenza e metodi operativi delle attività interne (IED), sia attraverso soluzioni tecniche (metodi ed attrezzature di lavoro), sia attraverso soluzioni organizzative (parallelizzazione di attività).

 

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